Fu nel diciottesimo secolo, alla corte del re Luigi XV, che comparve per la prima volta un apparecchio costruito da degli artigiani col preciso scopo di pinzare insieme i fogli con dei punti metallici – e come è facile intuire, era un apparecchio, letteralmente, degno di un re. Completamente realizzato a mano, pare che venisse caricato con punti metallici d’oro massiccio e addirittura tempestati di gemme preziose, ciascuno individualmente inciso con il sigillo della Corte Reale. Ma si trattava evidentemente di un pezzo unico, e non certo di un’apparecchiatura pratica o immaginata per l’utilizzo comune.
Un passo avanti venne fatto nel 1866, negli Stati Uniti, dove la Novelty Manufacturing Company costruì e commercializzò il primo vero antenato della macchina che utilizziamo oggi: le differenze erano però sostanziali. Conteneva infatti un solo punto metallico per volta, e inoltre si limitava a spingerlo nella carta, senza chiuderlo – attività che andava effettuata a mano, con significativo dispendio di tempo. Fu solo tredici anni più tardi, nel 1879, che comparve una macchina in grado di richiudere il punto metallico, la McGill’s. Sfortunatamente però anche in questo caso non c’era caricatore, e dover inserire un nuovo punto manualmente ogni volta si dimostrò un grandissimo svantaggio.
Fu proprio alla conclusione del secolo, nel 1895, che la Hotchkiss Company, con sede nel Connecticut, nella città di Norwalk, introdusse sulla scena il primo esemplare (nominato appunto “No.1”) in grado di caricare lunghe strisce di punti legati insieme. Tuttavia, per farli dividere correttamente, occorreva esercitare una grandissima forza sulla leva del macchinario, tanto che in molti uffici gli veniva addirittura affiancato un martello. Fu soltanto nel 1937, ad opera di Jack Linsky, che venne brevettato un modello – la Swingline n.3 – che fosse funzionale da usare e da ricaricare, e che permettesse di lavorare con semplicità. Un modello tanto ben fatto che il design dei punti metallici, come ci conferma una grande ditta produttrice come AR Assemblaggio, anche oggi, è rimasto in sostanza uguale.