Google: un impero retto da un cervello artificiale

Tre anni fa, negli X-Labs di Google, ha visto la luce qualcosa di totalmente nuovo – e alla base di buona parte del lavoro svolto in questi mesi dal colosso dell’Informatica. Non parliamo di strani esperimenti genetici, ma di Google Brain: un sistema di intelligenza artificiale che ha reso rapide ed efficienti operazioni che occupavano, prima, enormi quantità di tempo e risorse umane. Un esempio? Pensiamo a Google Maps: per tradurre in dati utilizzabili dal sistema i milioni e milioni di foto scattati dalle auto di Street View, gli operatori dovevano lavorare giorni e giorni, svolgendo operazioni ripetitive e tediose, ma tradizionalmente molto complesse da eseguire per un sistema informatico. Oggi, Google Brain è in grado di trascrivere tutti gli indirizzi catturati dalle auto di Street View in tutta la Francia in meno di un’ora di tempo.

Ma non è a questa operazione che si limitano le funzioni di Google Brain, naturalmente – specie a giudicare dalla dichiarazione piuttosto impegnativa di Matthew Ziller, CEO di Clarifai e membro del team di sviluppo di Google Brain, secondo la quale “Google è un’azienda che si occupa non di motori di ricerca, ma di apprendimento artificiale”. Una filosofia, quella macchina capace di imparare, che pare essere alla base di tutti i più importanti progetti recenti di Google, dal già citato Maps, ai sistemi di pubblicità, alle automobili senza guidatore, per non parlare del sistema di ricerca per immagini e del programma di riconoscimento vocale di Android, che – per citare un successo – ha visto ridursi del 25% il tasso d’errore. Ma non è tutto: secondo un altro dei padri del progetto Brain, Jeff Dean, anche gli algoritmi del motore di ricerca, e il programma di traduzione di Google Translate, potranno avvalersi con profitto di Brain. In generale, infatti, sempre più team operativi all’interno dell’azienda si stanno servendo del sistema Brain e della sua intelligenza artificiale “ad apprendimento profondo”, una tecnologia che in molti stanno considerando ma che al momento pare vedere una predominanza pressochè assoluta di Google.

L'”apprendimento profondo” alla base di Google Brain simula letteralmente il metodo usato dal cervello umano per imparare, ed è quindi estremamente versatile: una volta che si è sviluppato un modello per riconoscere le immagini utile per il motore di ricerca, lo stesso modulo diventa utile per i team che devono elaborare le foto di Street View per Google Maps; un modulo di analisi del testo può trovare applicazione nel motore di ricerca che ha reso Google famoso, ma può essere altrettanto utile per il suo social Network, Google+. Insomma, il sistema impara a risolvere un TIPO di problema, anzichè a svolgere una funzione specifica. Un Sacro Graal dell’intelligenza artificiale che ha convinto Google a sborsare 400 milioni di dollari per acquisire DeepMind, un’azienda specializzata in questo sistema di costruzione di Intelligenze Artificiali.

This article was written by Francesco Balletti

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